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Il Salento e Galatina diventano la location dell’evento annuale dedicato alla moda sostenibile. L’Aps Rén Collective ha organizzato “zéeero – Moda e territorio: un viaggio tra stili e tradizioni’’.
Il 26 aprile si è tenuto un vivace talk “Esplorare il Futuro, tra Tradizione e Comunicazione”, che ha messo a confronto due realtà, Marche e Puglia, condividendo esperienze imprenditoriali di successo e strategie innovative nel mondo moda e accessori.
Le protagoniste sono state Gaia Segattini, fondatrice e presidentessa del brand di maglieria Gaia Segattini Knotwear, e Daniela Diletti fondatrice del brand di calzature “La Marchigiana”. Le imprenditrici e artigiane hanno anche presentato nel design market i loro brand.
Gaia Segattini Knotwear è una società benefit che incarna l’essenza della moda sostenibile, creando capi di abbigliamento con filati pregiati, di giacenza e rigenerati. La sua missione è unire moda e sostenibilità in modo autentico e puro.
La Marchigiana, fondata da Daniela Diletti, si distingue per la produzione artigianale di scarpe e borse progettate per la vita quotidiana e costruite per resistere nel tempo. Con un impegno per la qualità e la durabilità, La Marchigiana si inserisce nel panorama dell’artigianato con un approccio autentico e genuino.
Canudis, da sempre a fianco a coloro che innovano e rispondono al nostro “can you do this?”, non poteva lasciarsi scappare l’opportunità di intervistarle.
I nostri appartamenti sono stati a disposizione degli ospiti e Canudis era tra i partner tecnici dell’evento.
Gaia Segattini incarna l’essenza stessa dell’artigianato contemporaneo: è sia una imprenditrice dinamica che una figura di spicco nel settore. Nella cornice della sua vita momentaneamente pugliese, tra i piatti tradizionali salentini e gli abiti dai colori vivaci, emerge come una presenza affascinante e carismatica.
Gaia è circondata dall’affetto delle artigiane che la vedono come un modello da seguire, un’icona di ispirazione nel mondo dell’artigianato.
Chi è oggi Gaia Segattini?
Dal 2019 sono fondatrice e presidentessa del mio brand ma, da oltre 10 anni, ho svolto un ruolo attivo nella comunicazione digitale e divulgazione sul tema dell’etica nel settore moda. Ho ricoperto un ruolo inedito nel processo di digitalizzazione dell’artigianato, mettendo a disposizione della Rete il mio Know how e conoscenze e costruendo una rete fittissima di relazioni tra artigiani, commercianti e creativi. Grazie alle consulenze, ho supportato decine di artigiani che desideravano affrontare questo grande cambiamento comunicativo.
Ho fatto della condivisione un credo potentissimo e il lavoro assiduo di divulgazione non si è fermato al mondo dell’artigianato, abbracciando invece anche il turismo e il commercio.
Sui miei canali social, che contano oltre 50.000 followers e sono in crescita, presento quotidianamente gli artigiani che incontro, raccontando la loro storia, il lavoro e spiegando la loro realtà operativa, il processo produttivo e l’intero mondo che si cela dietro pezzi spesso prodotti in edizione limitata o addirittura unici. L’obiettivo è quello di aumentare senso critico e consapevolezza delle persone, nonchè fornire stimoli per l’affermazione di buone pratiche imprenditoriali.
A giugno 2022 sono stata nominata tra le 50 imprenditrici più innovative dell’anno, rientrando nella FAB 50, la short list del premio Gamma Donna, e a luglio dello stesso anno sono stata eletta Presidente CNA Federmoda Tessile Abbigliamento di Ancona.
La moda è aperta, collaborativa, inclusiva e consapevole. Perché sostieni e collabori con l’Aps Rén Collective?
Il mio brand profonde un notevole impegno verso cause di interesse generale e sostiene attivamente progetti solidaristici ed enti no-profit nazionali e internazionali con una mission affine a quella societaria (solo per citarne alcuni: Pangea Onlus, Action Aid, Casa Arcobaleno, ecc.).
Scegliamo attentamente quali iniziative sostenere, sulla base di criteri di affidabilità, conformità ai valori e alle politiche aziendali. Il nostro supporto non è solo di carattere economico, bensì include attività di cause-related marketing, promozione di attività ed eventi, adesione a progetti istituzionali, eventi di divulgazione e formazione per sensibilizzare il pubblico.
A rén collective – oltre all’interesse comune per la sostenibilità nel settore moda – ci lega l’interesse per realtà micro e piccole, la valorizzazione della professionalità e delle competenze, al di là di confini geografici “standard”.
Cosa pensi degli ennesimi polveroni sui brand di lusso Loro Piana o Armani e come la moda deve cambiare il suo passo?
Non sono stupita dagli scandali e penso che stia venendo a galla qualcosa che, nel settore, tutti sanno e spesso subiscono oltre al problema dei sub fornitori non tracciati ed invisibili.
Sono ovviamente dispiaciuta che ai grandi proclami e impegni per la sostenibilità non corrispondano azioni concrete, ma spero che il pubblico possa comprendere sempre più che è giunto il tempo di prestare attenzione a ciò che si acquista e occorre conoscere la filosofia e il modo di operare dei brand che si sceglie di indossare, al di là della semplice marca.
Essere un brand oggi è faticoso. Tu hai avuto anche la possibilità di portare il tuo brand all’estero. Mille sono le avventure che potresti raccontare. Questo ti ha dato la possibilità di guardarti dall’esterno con nuovi occhi e aprire gli orizzonti. Cosa consigli ai giovani che si avvicinano a questo lavoro e alle artigiane che sono accorse al “Design Market”?
Consiglio di partire da due elementi tanto importanti quanto carenti nel settore moda: l’ascolto e le reti.
L’ascolto del pubblico è fondamentale per capirne gusti ed esigenze, quindi ideare articoli adatti ai loro bisogni ed esperienze di acquisto altamente personalizzate. Al contempo, è necessario l’ascolto attento dei fornitori lungo la catena di approvvigionamento e ascolto dei bisogni dei lavoratori all’interno dell’azienda, evitando di creare operatori che lavorano a compartimenti stagni e che non sono consapevoli di ciò che accade intorno a loro.
Un altro elemento molto importante è quello di fare rete, non solo per spaziare e sperimentare, ma anche per creare insieme qualcosa di unico che risponda alle esigenze del pubblico e, al contempo, consenta di valorizzare e diffondere la tradizione, l’heritage e il savoir- faire artigianale integrato nei prodotti.
Dal 2019 porti avanti il tuo brand Gaia Segattini Knotwear. Iconici e non convenzionali, i capi sono innovativi non solo nel loro stile ma anche nella produzione. Perché bisogna scegliere i tuoi capi?
I nostri capi sono frutto di un processo innovativo di eco-design, che a mio parere non è altro che “un’azione di buon senso”: partire da ciò che già esiste e non viene utilizzato.
In altri termini, la catena di approvvigionamento si orienta quasi esclusivamente verso le c.d. “materie prime seconde”, rappresentate da filati di giacenza e/o rigenerati. Tale scelta contribuisce a ridurre la dipendenza dalle materie prime vergini e a sfruttare risorse già esistenti.
I nostri capi di maglieria sono durevoli e di qualità, nonchè rispettosi del benessere animale. Sono facili da curare, perchè devo essere lavati pochissimo. Infine, possono essere indossati molto spesso perchè sono estremamente durevoli e hanno un cost-per-wear molto basso: più li adoperi, meno spendi!
La sostenibilità oggi è sulla bocca di tutti ma nella realtà stenta ad attuarsi. Il tuo brand usa filati che sono giacenze di produzione per limitare lo spreco. Cosa rappresenta per te oggi la sostenibilità?
Non amo la parola sostenibilità, a cui preferisco quella di “responsabilità”: il mio brand si impegna su molti fronti, da quello ambientale, a quello sociale e di comunità, con azioni concrete.
Cerchiamo di essere quanto più fedeli ai nostri valori, che abbiamo anche inserito nel nostro statuto:
Hai mai pensato a che fine fanno i vostri capi una volta che il ciclo del prodotto è giunto a termine nelle mani dei consumatori?
Abbiamo da sempre adottato una prospettiva olistica nel ciclo di vita dei prodotti, progettando le collezioni non solo per durare a lungo ma anche con un’attenzione particolare alla gestione del loro fine vita.
Ci impegnamo a utilizzare quanto più possibile composizioni pure (ossia mono-materiale) tra i filati selezionati, per facilitare il processo di riciclo alla fine della vita del prodotto.
Questa politica non è, tuttavia, sistematicamente attuabile, in quanto l’offerta di filati di giacenza non sempre include fibre pure, perchè poco diffuse nelle attuali strategie di produzione di abbigliamento. Anche per i filati rigenerati, questa opzione non è sempre praticabile, in quanto i mix di fibra sono spesso necessari per assicurare la qualità del prodotto rigenerato.
Si parla di moda, per la maggiore quella femminile. La moda uomo trova ancora poco spazio. Oggi non ha senso attuare ancora questa distinzione. Pochi sono i brand che attuano capi genderless. La moda può essere davvero fluida e soprattutto senza taglie e più inclusiva?
Il nostro brand promuove uno stile comfy e in alcuni casi genderless. I capi Knotwear hanno una vestibilità morbida che si adatta facilmente a diverse fisicità, occasioni di vita e fasce d’età (essendo anche concepiti per durare a lungo nel tempo). Pertanto, molti degli articoli sono disponibili in sole due taglie e, in diversii casi, in versione unisex.
Inoltre, ci facciamo portatori di canoni estetici realistici e positivi. I modelli GSK sono pensati per persone comuni: familiari, amici e conoscenti, diversi tra loro per età, sesso e fisicità. Fattore unificante è la voglia di sorridere e non prendersi troppo sul serio, in linea con l’ironia e l’empatia sincera che contraddistinguono da sempre anche la comunicazione di GSK.
È indubbio che le artigiane contemporanee e la tua community ti percepiscano come la capofila di un movimento che mira a cambiare le carte in tavola nel fashion. A che punto è la rivoluzione di cui sei capofila?
Negli ultimi anni si parla molto di moda sostenibile e la consapevolezza è certamente aumentata. Dal 2022 a oggi, anche la normativa è diventata molto più stringente, con l’approvazione di numerose nuove regole per il settore. Ci sono però ancora moltissime storture e importanti passi avanti da compiere, sopratutto nella gestione delle filiere e nella valorizzazione delle piccole produzioni locali.
Con il mio brand mi muovo in questa direzione, cercando (nonostante le molteplici difficoltà) di tracciare un percorso ancora inesplorato e cercando di dimostrare che agire diversamente è possibile.
Essere autentico oggi passa dal racconto di se stessi e della propria realtà senza filtri o sovrastrutture. Durante il talk Daniela non ha dubbi, anche le donne fanno artigianato e sono Artigiane.
Il suo brand la Marchigiana è davvero un successo. Non sono semplici scarpe o accessori fatte da pelle proveniente dai magazzini, ma un servizio su misura per i clienti che fino ad oggi non sono riusciti a capire che scarpe indossare e soprattutto quale sia la taglia corretta.
Tra numerosi pacchi di scarpe presenti al design market, decidiamo di intervistare Daniela e capire meglio il mondo della calzatura.
Daniela Diletti è per tutti la Marchigiana. Raccontaci le Marche oggi e la tua storia.
Le Marche, la mia terra, sono un crogiolo di tradizione artigianale e cultura, anche se poco nota ai più. Crescere in una famiglia di artigiani della calzatura nel cuore della provincia di Ascoli Piceno è stato un privilegio e, allo stesso tempo, una scuola di vita, che mi ha insegnato l’importanza del lavoro artigianale e il valore del savoir-faire tramandato da generazioni. I valori di passione, impegno e dedizione al lavoro si sono radicati profondamente in me sin dall’infanzia, trasmettendomi una forte connessione con il territorio e la sua storia, che inizialmente ho allontanato e successivamente abbracciato e valorizzato.
La storia della mia famiglia è impregnata nella storia stessa delle Marche: fatiche, sacrifici, soddisfazioni ma anche di momenti di difficoltà. Il fallimento dell’azienda di famiglia nel 2007 è stato un duro colpo, che però non ci ha abbattuti: ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo iniziato da capo. È stato un periodo di sfide e rinascita, ma anche di scoperta e crescita personale, che mi ha portata ad affiancare il mondo delle calzature al mio percorso Laurea in Conservazione dei beni culturali a Viterbo e dottorato al Politecnico di Torino.
Oggi, “La Marchigiana” non è solo un marchio di calzature di qualità, ma un simbolo di innovazione e tradizione che si fondono armoniosamente. Attraverso il mio lavoro, cerco di promuovere non solo la qualità delle nostre scarpe, ma anche i valori di sostenibilità, artigianalità e autenticità che rappresentano le Marche.
Artigiana o imprenditrice o docente?
Cerco di fondere tutte e tre le versioni di me per offire servizi e prodotti unici. Credo infatti che attualmente il mondo non abbia bisogno di altre scarpe o altre borse, bensì, di soluzioni ed ascolto.
Produrre nelle Marche e adottare una produzione limitata ti conferisce la libertà di selezionare attentamente i tuoi clienti. Questi, a loro volta, diventano ambasciatori del tuo brand, promuovendolo senza porre mai domande sul prezzo dei tuoi prodotti. Inoltre, oltre alla tua bottega locale, hai anche uno spazio a Torino, espandendo così la tua presenza e raggiungendo nuovi mercati.
Scarpe, borse e accessori. Come nascono i prodotti? Ci racconti il processo creativo?
Che cosa rappresenta Torino per voi oggi e che ruolo hanno Riccardo, Elisa e Valeria?
Si parte dai bisogni e dai desideri delle persone, dalle loro esigenze quotidiane. Questo si traduce in progetto di artigianato, ricerca di materiali a km 0 e esecuzione tecnica altamente manuale, sapiente e innovativa.
I materiali che scegliamo sono selezionati tra rimanenze di magazzino che altre aziende avrebbero destinato al macero. Si tratta di pellami di alta qualità che, a causa di sistemi economici e commerciali disumanizzati, vanno fuori moda nel giro di sei mesi. Pellami che, se fatti giungere nelle mani esperte di un artigiano con un progetto di design a lungo termine, possono dare vita a creazioni durature e a basso impatto ambientale.
Le città in cui scegliamo di vivere raccontano della nostra identità. Torino è quella che oggi ci somiglia di più, ed è qui che ha dimora una squadra fedele e affiatata, pronta a divulgare il nostro patrimonio, fatto di conoscenze e prodotti speciali.
Ad aiutarmi nelle Marche ci sono i miei genitori e Fosca che si occupa del controllo qualità, aiutando i fornitori a dare il massimo senza snaturali. A Torino Riccardo si occupa principalmente della prototipazione e produzione delle borse, mentre Valeria tiene il filo della parte amministrativa, occupandosi con Riccardo del customer care online e offline. Elisa, la più piccola e la più digitale, si occupa della comunicazione e del sito, scattando foto, facendo da modella, caricando prodotti e aiutandomi nella gestione dei social.
Durante il market ti abbiamo vista alle prese con metro, fogli, carta e matita. Il servizio che offri è anche di consulenza. I tuoi clienti dopo averti incontrata imparano a individuare in autonomia modelli e taglie giuste per le proprie esigenze.
Come possiamo capire la scarpa più adatta al nostro piede?
Scoprire la misura del proprio piede prima dell’acquisto può essere molto utile per scegliere la calzatura e la taglia più adatte. Ogni modello ha una calzata diversa, quindi assicurarsi una buona misurazione è fondamentale, così come consultare la tabella delle misure prima di ogni acquisto.
Abbiamo elaborato un metodo puntuale con l’aiuto dei colleghi podologi, grazie all’esperienza artigiana di famiglia, ma soprattuto, alle migliaia di clienti che abbiamo ascoltato negli anni, che si declina in 4 step:
1. Misura a piedi nudi
Non indossare calzini o collant durante la misurazione perché tendono a costringere le dita, falsando le dimensioni reali del piede
2. Sposta il peso del corpo
Metti il peso del corpo sul piede che stai misurando: in questo modo, simuli il momento di massimo utilizzo dello spazio interno della scarpa
3. Tieni la penna perpendicolare
Tenendo la penna perpendicolare rispetto al foglio, segna un trattino dove finisce l’alluce, e un trattino dove finisce il tallone
4. Misura!
Con un righello, misura la distanza tra i due trattini che hai segnato nella fase precendente: otterrai così la lunghezza del tuo piede. Ora puoi confrontarla con la tabella taglie della scarpa che ti piace di più!
Produrre le scarpe richiede lentezza e anche attesa. Questo è davvero un messaggio che si cela dietro il brand. Elogiare la lentezza per ottenere meraviglia.
Che tempi ha la produzione di una scarpa?
Le tepistiche sono differenti: nel caso di un paio di scarpe personalizzate è necessario il lavoro di due tecnici specializzati per un totale di 24 ore lavorate. Se invece si dovesse calcolare il tempo impiegato per una serie di dodoci paia siamo sulle 130 ore con due tecnici specializzati. In generale, se i nostri prodotti sono disponibili per la pronta consegna da sito, arrivano in 3 giorni lavorativi direttamnete a casa del cliente. Altrimenti, in caso di ordine, la consegna è a due mesi dall’acconto.
Come si riconosce un accessorio di pelle fatto bene?
Nel caso di un paio di scarpe consiglio sempre di osservare attentamente la fodera interna: individuare il materiale e l’estenzione. Consiglio vivamente fodere in pelle di vitello che coprono tutta la superficie della tomaia e della soletta. Fatto quello, è bene analizzzare la suola e verificare se si tratta di una suola monoblocco in gomma o se si tratta di una suola costruita o fresata a mano.
In questi giorni pugliesi, hai avuto modo di incontrare tanti nuovi artigiani che a volte sono nascosti e si celano nella grandezza della regione Puglia.
Che consigli dai ai piccoli artigiani per uscire dalla sopravvivenza e conquistare la posizione del mercato che meritano?
Ai piccoli artigiani che stanno emergendo nella vibrante scena Pugliese, vorrei suggerire di abbracciare l’innovazione e la tecnologia come alleati per crescere e affermarsi sul mercato: investire nella creazione di una presenza online solida e attraente per raggiungere nuovi clienti ma soprattutto valorizzare il proprio lavoro artigianale e la propria unicità, rendendolo accessibile a un pubblico più ampio.
Inoltre, incoraggerei i piccoli artigiani a esplorare nuove opportunità al di fuori dei confini nazionali, partendo da chi arriva in Puglia. Condividere la vostra passione e il vostro savoir-faire con chi viene da fuori può contribuire a creare un legame emotivo con i clienti e a differenziarvi dalla concorrenza, per poi re-incontrare le persone che vengono qui, raggiungendole a casa loro.
Suggerisco poi di essere aperti a collaborazioni con altri artigiani e marchi, per ampliare le prospettive e creare sinergie positive con persone accomunate da sintonie valoriali.
Infine, l’importanza di raccontare la propria storia e di formare i giovani non può essere sottovalutata. Investire nella formazione dei giovani artigiani è fondamentale per garantire la continuità e la crescita del settore artigianale nel tempo.
Conosciamo meglio La marchigiana, cosa si cela dietro Daniela e il suo spirito vivace e intraprendente.
Quali sono i prossimi progetti?
Ora sono focalizzata sulla trasformazione del negozio di Torino in un luogo che possa accogliere eventi dedicati alla qualità sotto tutti i punti di vista: dal benessere personale all’acquisto di prodotti artigianali di colleghe e colleghi che ospitiamo mensilmente. Inoltre aprirò un punto vendita nelle Marche! Finalmente! ma comunicherò il tutto non appena prende forma.
Cosa ti ossessiona di più negli ultimi mesi?
La mia crescita personale. Dopo anni di people pleasing, sto imparando a essere ciò che sono.
Nel ringraziarti per il tempo che hai dedicato al nostro magazine, ti lasciamo porti una domanda che nessuno ti hai mai posto fino ad ora. Hai una domanda che nessuno ti ha mai fatto?
Qual è la tua stagione preferita? La primavera perché dà vita a quel che verrà.